Ormai un mese fa ho salutato i miei amici della palestra. Che poi non sono amici, sono colleghi di palestra, di sudore, di sofferenza, di passione. Li ho salutati pensando che fosse solo per un giorno. Tanto siamo sempre i soliti, alla solita ora.
Perché la palestra è un mondo strano. La sua popolazione è divisa in fasce orarie. Se anche ci vai tutti i giorni, ma una volta cambi orario, ti sembra di andare in un posto sconosciuto, dove sei un alieno.
Ammetto che la palestra è per me un lido sereno, un riparo dai problemi quotidiani, dalla vita reale. Un lido che mi sono scelto, che mi rassicura, che mi rende impermeabile a quanto mi circonda per un’ora e mezzo al giorno. E mia amica fedele, mia psicologa, mia confidente. E’ il mio momento libero. Un momento solo mio. E adesso non c’é più.
La fase della negazione
Sono tra i pochi fortunati che possono ancora lavorare. L’azienda per la quale lavoro è in possesso dei requisiti di legge per continuare. Quando la mattina dell’inizio della quarantena ho preparato la mia borsa per andare in palestra tutto sembrava ancora quasi normale. E’ vero, non sarei uscito la sera per fare la solita passeggiata con il mio cane. O almeno non la solita, ma sarebbe più o meno finita lì la differenza.
La solita routine delle 10 ore a lavoro, il pranzo con i colleghi e finalmente la palestra: sembrava ancora tutto lì.
“Perché prepari la borsa per la palestra?” mi dice la mia compagna mentre sto mettendo dentro la borsa la cintura da sollevamento. “Oggi è giornata di pull, devo fare gli stacchi pesanti. Mi serve la cintura e le fasce. Perché mi guardi come se fossi impazzito? Lo faccio da 20 anni ormai…”.
Mentre questa frase stava uscendo dalla mia bocca, mi sono reso conto che la palestra era chiusa. A tempo indeterminato.
Sebbene ci siano problemi sicuramente più grandi (e ora sicuramente ce ne sono ed anzi nemmeno sono paragonabili a quanto sto dicendo), per me è stato un momento difficile.
Impossibile. La mia palestra è l’unica palestra della mia zona che non chiude mai. A Natale abbiamo aperto un panettone insieme (e ci siamo detti che quello sgarro lo avremmo espiato insieme). A capodanno, mentre la gente si ritrova per fare il tuffo di capodanno noi facciamo il massimale di panca di inizio anno. E per il compleanno ci regaliamo una barretta proteica del distributore automatico.
“Non posso crederci”, “Non sta succedendo davvero”. Questo era quello che rimbombava nella mia testa come il bilanciere che sbatte a terra alla piattaforma dello stacco.
La fase della rabbia
Ho portato la borsa con me. Nel caso fosse tutto un brutto sogno. Tornando a casa ho (semi-illegalmente) fatto una strada alternativa per tornare a casa. La mia palestra era chiusa per davvero. Serranda abbassata, luci spente, nessuno scooter anni 90 parcheggiato (illegalmente) sul marciapiede. Dov’erano tutti? Dove sono i miei compagni di allenamento? Adesso nella mia testa martellavano (come un curl a martello pesante) questi pensieri: “Non è giusto”, “Cos’ho fatto di male per meritarmi questo?”.
La fase della contrattazione
Purtroppo la mia fase di rabbia è durata qualche giorno. Forse qualche giorno perso. O forse, per come la vedo adesso, qualche giorno in cui ho dato al mio corpo il tempo per riprendersi da un periodo di allenamento intenso. Diciamo che sono stati giorni di recupero.
Ho iniziato a pensare ai metodi di allenamento che avrei potuto adattare al poco materiale che avevo disponibile a casa (non ho una home gym, sono stato colto completamente impreparato. Ho iniziato a pensare a cosa fare per non perdere quanto fatto in uno dei migliori anni di allenamento della mia vita.
Adesso era il momento del “Superare questo momento mi renderà più forte (almeno per gli esercizi a corpo libero)”, “Se ne esco, giuro che non farò più gli stessi errori (giuro che non farò mai più lo squat al multipower quando il rack ha 6 persone in attesa)”.
La fase della depressione
Ho iniziato a vedere gente sui social che faceva squat con le casse d’acqua attaccate al manico della scopa. “Poveracci”, ho pensato. Come faccio a fare un quintale e mezzo di squat con le casse d’acqua? Che faccio compro un’Esselunga intera di casse d’acqua e poi non la bevo perché vedo fare lo squat? E se poi mi parte mezza cassa da una parte e mi sfracello tutto? Poi quando la mia palestra riapre io sono l’unico che non può andare.
Al 4 giorno di quarantena ero entrato in un circolo vizioso che mi ha portato a pensare a“Non c’è via d’uscita, sarò destinato a fare crossfit o calcetto a vita”. Mi sono pesato 5 volte in un giorno per controllare la % di massa grassa e magra, pensando che il mio organismo stesse reagendo alla quarantena alla velocità con cui rispondono le cavie da laboratorio agli esperimenti scientifici.
La fase dell’accettazione
Basta. “È andata così”, “È ora di voltare pagina”. Ho comprato online, nell’unico store in cui avevo la possibilità di ricevere entro pochi giorni, quello che mi serviva per iniziare a fare per davvero qualcosa a casa:
- una corda per saltare
- una sbarra per trazioni
- una battle rope
Ora si inizia. Vaffanculo Covid 19. Vaffanculo quarantena. E’il momento di riappropriarsi della voglia di allenarsi. Chi ha tempo non aspetti tempo!
Un allenamento completo con poco
Il mio mesociclo di aumento della massa muscolare era prossimo al termine quando tutto si è fermato. Quindi la prima decisione è stata quella di passare direttamente ad una fase di definizione, anche se non spinta. Mantenere il più possibile, perché stacco, panca e squat per questo momento saranno off limits. L’idea è quindi stata quella di optare per un allenamento total body, breve ed intenso, da ripetersi almeno 4 volte alla settimana. La licenza di variare (il poco che si può) e poi compresa nel prezzo.
Dovevo quindi cominciare con esercizi per le gambe. Non potendo fare un esercizio complesso come lo squat e non potendo ripiegare sulla pressa ho pensato di usare il jump squat come primo esercizio. 3 piani di scale per tre scalini alla volta per 6 volte incrementando di una volta a seduta. Per stimolare la parte posteriore affondi in camminata. Non avendo pesi aggiuntivi, ho aumentato le ripetizioni. In circa 30 minuti, comprensivi di 15 minuti di salto delle corda come riscaldamento/condizionamento, le gambe sono pronte al collasso.
Si passa poi alla parte alta. Minicircuito trazione-spinta, ovvero push/pull. Si inizia con le trazioni alla sbarra presa larga, massimo numero di ripetizioni possibili, seguite da flessioni sulle braccia con le gambe sopraelevate, seguite da un esercizio a scelta per gli addominali a corpo libero (es. crunch o sit up), per poi passare a chin up e di nuovo a flessioni, questa volta a presa stretta per stressare i tricipiti. Riposo 1 minuto e si ripete il giro.
Per finire il tutto un piccolo tabata con la battle rope: 4 minuti fatti a segmenti di 20 secondi di lavoro e 20 secondi di riposo, tra onde alternate e onde “sincrone”.
In 45 minuti l’allenamento è terminato. Anche se faccio qualche minuto sulla vecchia cyclette anni 70 di mia mamma, ma solo perché tendenzialmente non è ancora l’ora di cena (anche se ho già fame).
Scheda di allenamento per la quarantena
Ecco qui la mia scheda di allenamento per questo momento di forzata assenza dalla palestra:
Esercizio | Serie | Ripetizioni |
---|---|---|
Salto corda | 2 | 5 minuti |
Jump Squat | 6 (incremento di una serie a sessione) | 15 |
Affondi in camminata | 6 | 15 (per lato) |
Trazioni alla sbarra (pull up) | 6 | max |
Flessioni | 6 | max |
Chin up | 6 | max |
Flessioni presa stretta | 6 | max |
Battle robe | 20 sec lavoro/ 20 sec riposo | 4 minuti |
Uniti ce la faremo.